• BREVI RIFLESSIONI…

  • BREVI RIFLESSIONI…

Daniela Barni (Psicologa sociale, Università degli Studi di Bergamo)

Se non puoi essere un pino su un monte,
sii una saggina nella valle,
ma sii la migliore piccola saggina
sulla sponda del ruscello.
Se non puoi essere un albero,
sii un cespuglio.
Se non puoi essere una via maestra
sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole,
sii una stella.
Sii sempre il meglio
di ciò che sei.
Cerca di scoprire il disegno
che sei chiamato ad essere,
poi mettiti con passione a realizzarlo nella vita
(Martin Luther King)

Eccoci qua, assieme. Potreste chiedermi perché dedicare i prossimi cinque minuti, forse anche dieci, del vostro tempo alla lettura di questo articolo. Sarebbe una domanda legittima: in fondo, si potrebbero fare altre centinaia di cose oppure proprio un bel…niente. Io vi risponderei che ne vale la pena, soprattutto se è un po’ di tempo che il nostro sguardo si appoggia stanco sull’ordine conosciuto; se all’orizzonte nulla ci meraviglia e ciò che più ci affascina è il riflesso statico di noi nel vetro della finestra; se una valigia dei desideri la custodiamo ancora, ma non ci sentiamo liberi abbastanza per metterci in viaggio. Vi mostrerò che tutto ciò accade quando dimentichiamo, o ancor peggio volutamente nascondiamo in fondo ai cassetti dell’anima, la passione. Non si tratta di pigrizia, intendiamoci: semplicemente manca un motivo, la spinta; così facciamo solo ciò che è necessario per sopravvivere a(da)giati.

La passione è una carica energetica, è l’energia vitale dell’anima che dispensa buoni motivi per essere e fare: irrompe e spiana la strada verso il cambiamento. Nella cultura greca è Eros l’archetipo della passione, non solo di quella amorosa, agente trasformatore che trafigge l’anima con la sua freccia. Eros, figlio di Afrodite e di Caos, diffonde sensualità e fascino e allo stesso tempo altera gli equilibri, “perché è dal disordine che può formarsi un ordine diverso che illumini la verità di quel momento, ciò che veramente conta e non era chiaro, non era così chiaro: un’impresa, un’idea, un progetto, un talento” (Valcarenghi, 2019, p. 56). La passione svela dunque nuovi orizzonti dell’anima; ci sfida, innanzitutto, a vincere la paura di perdere. Già, perché molte volte rinunciamo a ciò che pur sentiamo di valore per il timore del fallimento o del rifiuto, entrambi comprensibilmente ragioni di sofferenza. Vi tolgo subito il dubbio e lo faccio prendendo a prestito, in parte, le parole di Eugenia Scabini (2006): in ciò che “vale la pena”, come una passione, c’è il prezzo di un po’ di pena da pagare. La passione non è un tutto pieno, ma rivela un “vuoto promettente” ed è per questo che promuove una tensione verso una meta. Anche l’etimologia stessa del termine ci racconta del suo complesso significato, che include un rimando alla sofferenza (www.etimo.it). Non a caso poi, nella mitologia greca, la passione nasce da una ferita (provocata dalla freccia scagliata da Eros), che rompe l’integrità e la continuità del corpo e che richiede una cura. Vedremo tra poco come la cura sia, insieme al desiderio e alla libertà, uno dei processi di cui la passione si alimenta; questi tre processi stanno alla base anche della cosiddetta generatività sociale (Magatti, 2019), che apre le persone al mondo e agli altri così da metterle in grado di contribuire creativamente a ciò che le circonda.

Non può esserci passione senza desiderio. Un desiderio di “più vita” che ci proietta verso il futuro, spingendoci a raggiungere la realizzazione di sé in quel movimento da noi verso il fuori e dal fuori verso di noi, che crea relazione con l’altro e possibili sinergie (Valcarenghi, 2019). La bellezza del desiderio sta proprio nel suo portare la persona a travalicare i confini dell’Io, facendola vacillare, e nella sua capacità di condurla altrove, in un altrove abitato da altro. Il desiderio è una grande figura dell’attesa (letteralmente, ad tendere: tendere verso, inclinare) e dovrebbe, come tale, mettere o rimettere in moto. E’ l’esatto contrario del “non mi interessa niente” o “a me sta bene tutto”, dell’indifferente immobilità, “tanto nulla cambia”.

Per seguire le nostre inclinazioni, non solo dobbiamo saper desiderare, ma dobbiamo anche sentirci liberi. Almeno un po’. La costrizione consuma, a poco a poco, la passione. Secondo Hannah Arendt (citata in Magatti, 2019), la libertà non ha tanto a che vedere con la scelta tra due alternative date ma, più in profondità, ha a che fare con la capacità di dar vita a qualcosa di nuovo, qualcosa che, senza di noi, non sarebbe stato possibile. Un goal, un passo di danza, una fotografia, una melodia, un’idea…Avete mai pensato a quanto meno bello sarebbe il mondo senza ciò che ciascuno di noi è capace, con passione, di creare? Creiamo mondi possibili, gli uni per gli altri, di continuo.

E come avrebbe detto Spider-Man (l’Uomo Ragno, per gli amanti della nostra lingua), da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Ebbene sì, la passione richiede anche responsabilità, non esaurendosi in un moto affettivo. Essa va ben oltre l’innamoramento per qualcuno o qualcosa: è il prendersene cura, al di là di un interesse limitante per ciò che è utile o necessario. E’ l’amore, che continua anche quando l’eccitazione del primo innamoramento va attenuandosi.

Ad Alberto, un ragazzo di 19 anni, chiesi che cosa provasse ogni volta che scendeva in campo. Lui, giovane promessa del calcio locale, mi disse: “Quando sono in campo, sono io, niente altro. Mi sento felice, desidero fare rete per me e per i miei compagni. Mi interessa, mi interessa veramente”. Il calcio lo ha sempre molto aiutato, innanzitutto ad affrontare una situazione familiare segnata dalla morte prematura del suo papà. Alberto ha messo in discussione molte cose, da buon adolescente, ma non la sua passione per il calcio. Gli è rimasto fedele, anche quando gli accadimenti attorno a lui disegnavano un mondo che gli pareva impossibile da accettare. Alberto è mio nipote, tornato da uno spento mondo impossibile ad abitare gli spazi della vivace speranza, fatti per lui anche (soprattutto) di tiri al pallone e di applausi o fischi dagli spalti.

Credo che i dieci minuti siano trascorsi. Spero, con non poca ambizione, che queste brevi riflessioni siano state utili per farci pensare di riaprire qualche cassetto; anche solo uno. Le chiavi sono il desiderio, la libertà e la cura; se non le trovassimo subito, diamoci il tempo per cercarle meglio, là dove non abbiamo ancora guardato.

La passione apre a nuova vita, come presenza di un avvenire. Buon viaggio avventurieri del possibile!

Riferimenti bibliografici

Magatti, M. (2019). Non avere paura di cadere. La libertà al tempo dell’insicurezza. Milano: Mondadori.

Scabini, E. (2006). Rapporto tra le generazioni e trasmissione dei valori, in Bosio A.C. (a cura di), Esplorare il cambiamento sociale. Studi in onore di Gabriele Calvi. Milano: FrancoAngeli, pp. 17-34.

Valcarenghi, M. (2019). La passione necessaria. Bergamo: Moretti & Vitali Editori.

LUOGO

c/o Scuola Secondaria di Primo grado paritaria “Maria Regina” Istituto delle Suore Orsoline di Somasca, Via Broseta, 138, 24128 BERGAMO

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